Piccoli quartieri
Luigi Grazioli. Scrittore, caporedattore Doppiozero
“Ci sono questi piccoli quartieri di villette
e palazzine famigliari degli anni 60-80,
sorti ai margini di spazi dove poi per fortuna
non si è più costruito,
tutti uguali da un paese all’altro della pianura,
dalle vie corte e strette, ora ridotte a senso unico
con un lato riservato ai parcheggi
perché molte case in origine non avevano sufficienti garage,
tutte intitolate a poeti, decorose,
nel complesso ben conservate,
dove si può passeggiare a qualsiasi ora
del giorno e della notte senza mai incontrare nessuno,
silenziose,
deserte,
sempre,
proprio come la poesia”.
Geomatica dello sguardo. 2019
Paola Bristot. Docente Accademia di Belle Arti Venezia
La geomatica è una scienza che parte da dati geografici per modellare uno spazio e produrre informazioni strategiche. Si parla di operazioni di georeferenziazione, quando sulla base di principi di misura si costruiscono dei sistemi di riferimento. Il rapporto tra spazio reale e spazio virtuale sembra essere davvero sottile, essendo la simulazione potenziata da strumenti tecnologici raffinatissimi. Giancarlo Dell’Antonia ci spinge verso una riflessione sull’ambiguità della percezione e sulla illusione della veridicità tecnocratica, proponendoci un confronto stretto tra i tentativi di rilevazione di uno spazio reso in tal modo astratto e la concretezza di uno spazio reale, il paesaggio che abita intorno a noi. Conduce questa ricerca partendo da un paesaggio noto, conosciuto e amato, percepito in tutte le sfumature, fissato nella memoria che ci orienta come guidati da un pilota automatico, grazie a elementi che spesso sfuggono ai sensori elettronici, ma sono più banalmente parte della vita quotidiana. Mette in crisi la geomatica, come altra scienza che tratta i dati spaziali filtrandoli da programmi di calcolo per arrivare a una presunta conoscenza del territorio, mostrando le inevitabili ambiguità percettive e le mutazioni di uno spazio a ogni millimetrico spostamento del punto di vista e ad ogni intervallo di tempo appena trascorso. L’artista esprime invece la sintesi del processo di osservazione e riconoscimento spaziale utilizzando i concetti classici di riduzione e sintesi legata alla linea e alla definizione di regolarità. La linea è la riduzione estrema, ad un tempo astratto insieme di punti e disegno concreto, che elaborata dalla sommatoria delle immagini percepite dei luoghi, li fissa e li rende riconoscibili più precisamente di uno strumento geodetico, in quanto possiede una propria verità. Due percezioni, quella del reale e del virtuale, che insieme mappano un territorio definendone i termini, i riferimenti, le linee di attraversamento, i profili orografici, che riesce a tracciare i percorsi dei caseggiati e delle costruzioni anche anonime e a nobilitarle attraverso il processo di razionalizzazione cui sono sottoposte, teso ad evidenziarne comunque quella traccia, anche minima che sottende la sua riconoscibilità, la sua credibilità e quindi certezza. A dare dignità a luoghi apparentemente poco significativi, caseggiati moderni, angoli di montagne, tetti di case popolari, villette, ipermercati è la concettualizzazione che le mappa, le accatasta, entro schemi razionali, frutto di ragionamenti ed esperimenti di trasposizione e diventa linea che li segmenta e li fissa, oltre l’apparente divenire. Una geografia dello sguardo non immune completamente dalla contaminazione digitale che inevitabilmente ci è entrata sottopelle, ma che, anche nelle opere dove è più spinta, si piega ad una prassi artistica che ne modella forzatamente e volutamente la forma. Da una parte sviluppa i concetti simulando i processi percettivi tecnomorfi: vicina a un modeling in 3D, o a ingrandimenti macro, i pixel, i punti di vista multipli e simultanei… dall’altro utilizza tecniche che fanno sempre attenzione estrema ai materiali, ai supporti, alla tipologia della carta di stampa, accuratamente precisata, sia fotografica che di riproduzione a stampa, sempre certificata e specificata, ai supporti, ugualmente ricercati sulla base delle diverse tipologie di presentazione. Anche i diversi medium che utilizza ribadiscono il senso della ricerca analitica sull’oggetto e approfondiscono nei diversi livelli, <layers>, lo stesso. L’intuizione artistica perseguita dall’artista è avvalorata dalla capacità delle composizioni di farci seguire le traiettorie individuate, oltrepassando i confini delle tavole o lastre d’alluminio, portando il nostro sguardo lontano, con il potere di cui siamo dotati, senza bisogno di connessioni internet, Gps, sistemi geomatici… semplicemente grazie all’immaginazione. Nelle utime opere, la reazione alla logica della super-visione cui ci illudono i mezzi elettronici è la scelta ad un ritorno alle origini, alla pittura, alla stesura lenta del colore, alle campiture piatte, sostenute dalla struttura concettuale forte di una meditata visione estetica, la stessa che guida la mano e segna i tratti dell’IO paesaggio che vuole ritrovare dentro la tela/tavola, quali l’ordito e la trama, una storia tutta da ricapitolare per ridare un ordine e un senso concreto al qui e ora.
In cammino
Lo scarto tra analogico e digitale e la rivincita del primo livello di percezione-sintesi-creazione è sempre più “tangibile” nella recente ricerca di Giancarlo Dell’Antonia, sia nelle opere in cui ritorna all’uso della pittura, seppure di carattere industriale, l’acrilico quasi spalmato nella superficie piatta della tavola, sia nell’appropriarsi della dimensione spaziale concreta e reale delle sculture. Sembra quasi un corollario naturale desunto dalla sua ricerca grafica e fotografica che persegue con tenacia e incessante riflessione analitica. è uno spostamento di piani, una conquista di uno spazio terzo, un 3D concreto questa volta dove la rivoluzione sta nella riscoperta del “cammino”, di quel movimento naturale che impariamo a fare nei primi mesi della nostra evoluzione e che non è solo uno spostamento necessario alla conquista dello spazio, ma pure un’acquisizione mentale che ci trasporta verso la sua conoscenza. Ritroviamo ribaltata allora la prospettiva iniziale e dal concreto siamo di nuovo proiettati verso l’astratto e il metafisico questa volta del pensiero e della riflessione. L’andatura del passo, il nostro incedere, spostandoci con un nostro ritmo personale da un punto all’altro nello spazio, prevedono la nostra immersione nello spazio, nel diventare con esso un’unica entità. Le sculture di Dell’Antonia rimangono minimali e sono costituite da “fondali” scenici dove scorrono immagini di facciate di palazzi anonimi, così resi unici. Siamo costretti nella scultura al movimento, a spostarci per guardarla dai diversi lati e la sua intrinseca bellezza sta nella sua collocazione che proietta ombre portate e proprie in continua mutazione nelle modifiche millimetriche degli spostamenti d’asse del nostro occhio e del nostro corpo. Insolito è l’uso del colore delle parti che si inseriscono a tagliare e stabilire l’equilibrio della forma della scultura, sono mezzetinte lattiginose, rosati e grigi che danno la sensazione di un’atmosfera lattiginosa e assorbente, una nebbia impalpabile che ci fa sprofondare senza un punto di riferimento, disorientandoci. La trasposizione scultorea delle opere fotografiche di Giancarlo Dell’Antonia recupera anche i significati impliciti e li squaderna con puntigliosità. Sono sculture in fondo classiche nella loro concezione di modernità, si collegano certamente a una matrice storica costruttivista e più attualmente concettuale, rivisitati dall’artista che riprende anche in questo caso la sua matrix grafica e la traspone nella struttura semplicissima e potente di due “fogli” tesi a incastro, “monumentalizzando” però il quotidiano nostro comune orizzonte.